lunedì 18 marzo 2019

Breve definizione di Romagna Estense

Di Mauro Bovoli

L’espressione Romagna estense adottata per indicare la porzione settentrionale della Romagna ha un significato che va oltre l’eleganza linguistica, rispetto a “Bassa Romagna” o “Romagnola”: anche queste altrettanto usate per etichettarci in base a dati certi e verificabili, ma messe in ombra dalla scelta del fondatore degli studi su questo orizzonte, Augusto Vasina.

La parola Estense ci ricorda che il dominio della dinastia ci ha plasmati con caratteri durevoli come una comunità, portandoci a comporre concorrenza e contrasti fra vicini in una omogeneità che era funzionale alle sue strategie, ma era anche organica alla valorizzazione delle nostre risorse. Gli Este hanno favorito l’emergere di Lugo puntando sulla sua centralità territoriale e sulla leva economica del suo mercato.

Hanno bonificato con un programma di interventi idraulici il territorio e definito i confini di ciascuna comunità per assicurarne la stabilità collettiva. Hanno curato l’istruzione e l’ascesa sociale fornendo incarichi di rilievo nella macchina dello Stato a personaggi dei nostri otto centri. Si sono occupati dell’urbanistica di essi con progetti concordati con i ceti determinanti, dai magnati locali agli ordini religiosi.

Tutti i nostri statuti comunali hanno avuto la definizione ultima dal vaglio con la giurisprudenza della città degli Este. E la Rocca con i suoi bastioni affacciati sul Pavaglione conserva l’impronta della dinastia sul cuore urbano di Lugo, la Piazza, vista da essa come la risorsa di questa porzione di Romagna nel suo bisecolare dominio.

Politica
Nei cento anni tra fine ‘300 e fine ‘400, durante i quali si sperimentano tutte le potenzialità e le ambizioni dei principati regionali, la Romagnola si trova a sottostare successivamente a Ravenna, Bologna, la Chiesa, Milano, Venezia e infine Ferrara; in una rincorsa a tratti frenetica, con ritorni e colpi di mano, tra mire concorrenti su questo lembo di Romagna posto a cardine fra le grandi aree della politica maggiore italiana. Sempre una politica decisa da fuori che batte a ondate il nostro cantuccio, dove nessuna iniziativa locale è più concepibile dopo l’espulsione dell’ultima dinastia, i Conti di Cunio trasferiti d’imperio a Belgioioso.

Allora, che alla fine dei giochi la nostra porzione di Romagna passi in blocco sotto la dinastia d’Este si configura come un altro caso subito, non certo una scelta. Ed è veramente così, per molti aspetti. Ma il discorso cambia, si allarga e si approfondisce se andiamo a cercare altri fili del racconto, non esclusivamente quelli politico-militari.

Se risaliamo alle spalle del Mille, al cosiddetto Alto Medioevo, troviamo tracce di una uniformità territoriale che in qualche modo faceva aggio su quella politica: dietro il Territorio Faventino acto Corneliense dei documenti notarili, che corrisponde in buona misura a quella che sarà la Romagna estense, spunta la corrispondenza, non certo casuale, con un’altra forma decisamente legata al territorio stesso, il Magnum Forestum che un cronista duecentesco segnala ceduto dal longobardo re Liutprando al vescovo di Faenza in riparazione delle imprese manesche compiute ai suoi danni.

E siamo nel secolo VIII, mentre l’assetto territoriale incomincia ad essere incentrato sulla rete di pievi rurali e cittadine. Potremmo spingerci ancora più indietro, forse: il nostro territorio conserva tracce di insediamenti che rinviano anche oltre la colonizzazione romana, alla Preistoria, dove possiamo riconoscere una sistematicità che sottende qualcosa come un programma di occupazione impostato sulle linee dei fiumi e le condizioni altimetriche. Ma i dati di cui disponiamo sono ancora troppo parziali e non abbastanza studiati.

Ecologia
Il territorio non è solo un dato naturale, è anche il frutto di correzioni, progetti e interventi: un fatto culturale. La convivenza fra i nostri otto centri è qui per dimostrare che la storia non si fa solo con la politica e gli eserciti. Potremmo concludere questa chiacchierata dichiarando che esiste una ecologia di cui tenere conto nello studio e nel racconto della Storia, uno spazio esistenziale più ampio di quello riservato a categorie settoriali come la politica e l’economia che abitualmente la etichettano. Ecologia come la misura equilibrata per valutare i fatti; come la prospettiva giusta per guardare in faccia le persone e trovare occasioni per lavorare su progetti condivisi.

Propongo appunto una Ecologia della Storia, dove il primo termine ha la preminenza; una visione per la quale i nostri piccoli centri, nati e cresciuti in un costante rendiconto con l’ambiente, dove l’opzione politica locale veniva disinnescata da altre soprastanti, si presentano idonei a prestare un esempio e un modello.

All’ombra dei Dominanti esterni, sempre diversi e variamente rapaci, ciascuno dei nostri centri ha vissuto i suoi momenti solenni, una vita da protagonista: Conselice è passata alle carte dei primi storici del territorio (sec. XV) per un porto di scambio che connetteva l’entroterra di Imola con il Po verso la Padania e verso il mare; Bagnacavallo per un castrum antemurale di Ravenna e per una pieve cresciuta sopra la memoria di un tempio di frontiera; Lugo per il mercato coltivato all’ombra del castello.

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