mercoledì 28 settembre 2011

Crisi delle pesche o crisi del modello economico?

La crisi delle pesche e delle nettarine in Romagna, già annunciata da tempo, sembra essersi aggravata nell'ultimo anno, tanto da aver interessato anche l'Unione Europea, con l’aumento delle indennità di ritiro, e il Parlamento Italiano, con l'approvazione di una risoluzione della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati. Eppure siamo ancora lontani dalla soluzione del problema; le pesche vengono pagate 20/30 centesimi al chilogrammo ai produttori e rivendute da 4 a 7 volte tanto ai consumatori, con una speculazione nella fase di distribuzione che ha dell'incredibile. Persino il PD sembra essersi accorto dell'esistenza della crisi e della sua causa e ha fatto approvare dal Consiglio Regionale dell'Emilia-Romagna una risoluzione nella quale si chiede che venga riaperto il tavolo nazionale tra la grande distribuzione organizzata e le imprese di produzione ortofrutticole e le loro organizzazioni. Qualcosa si muove anche nella Bassa Romagna, in provincia di Ravenna, dove l'Unione dei Comuni ha convocato un tavolo di confronto cui hanno partecipato le associazioni di impresa e delle centrali cooperative dell'area dei nove Comuni. Data la gravità della situazione, se non si troverà una soluzione efficace in un tempo ragionevole, il destino dei tanti campi di peschi che caratterizzano il nostro territorio sembra segnato, tanto che già si sta parlando di abbattimenti.

Quello che, però, stupisce, è che nessuno stia cercando di analizzare questa crisi a fondo e che, quindi, nessuno stia mettendo in discussione l'attuale modello di sviluppo. Sembra che tutti stiano tentando di dare delle risposte al problema utilizzando lo stesso modello che lo ha creato. Ma è proprio necessario che un prodotto agricolo faccia centinaia di chilometri, in balia di una grande distribuzione che non è altro che una delle manifestazioni più eclatanti dell'anima antiecologica dell'attuale modello di sviluppo?

Esistono anche altre risposte.

C'è chi si muove al di fuori di questo sistema. Chi si impegna per un'agricoltura di qualità, biologica o biodinamica, legata al territorio e alle produzioni tipiche e locali. Chi crede che il “km 0” sia non solo il nuovo slogan alla moda, ma un modo di vivere diversamente l'agricoltura.

Sui territori sono nate esperienze significative e sempre più rilevanti. A Lugo di Romagna e a Faenza, ad esempio, si svolge settimanalmente il Biomarché, mercatino del biologico, mentre, sempre a Lugo, ogni giovedì si ritrova il LuGas (Gruppo di Acquisto Solidale). Altri Gruppi di Acquisto sono attivi in altre località del provincia Ravenna, così come in tante altre realtà della Romagna. In queste occasioni i produttori biologici locali possono vendere direttamente i loro prodotti, dialogare con i consumatori ed eventualmente adattare la propria produzione alle esigenze del mercato locale, tutto questo riscoprendo un'agricoltura scevra di impatti negativi sull'ambiente. Non a caso, in quest'epoca di crisi economica che va oltre alla crisi delle pesche, il settore del biologico resiste.

 

Gian Luca Baldrati

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