lunedì 20 gennaio 2014

In memoria di Giorgio Gardiol

[caption id="attachment_1012" align="alignleft" width="202"]Giorgio Gardiol nel 1997 Giorgio Gardiol nel 1997[/caption]

Domenica 19 gennaio a 71 anni ci ha lasciato Giorgio Gardiol.

Giornalista, laureato in scienze politiche, specializzato in diritto amministrativo, esponente della comunità valdese, abitava a Pinerolo.

Eletto deputato per i Verdi, nel collegio di Settimo Torinese, nella coalizione dell'Ulivo nel 1996, dopo essere stato consigliere comunale e provinciale.

Alla Camera dei Deputati faceva parte delle commissioni Lavoro e Attività Produttive.

Preparato, documentato, lavoratore instancabile si era guadagnata la stima dei colleghi, compresi gli avversari politici.

Tra i suoi temi più sviluppati: il rapporto tra lavoro ed ecologismo, la necessità di una nuova cultura del movimento dei lavoratori per affrontare il tema di cosa produrre, di che energia usare e la consapevolezza dei limiti ecologici all'uso delle materie prime e dell'energia.

Quindi un difficile dialogo con gli esponenti sindacali e non di quel mondo.



[caption id="attachment_1013" align="alignleft" width="300"]Claudio Mazzacurati (Verdi Bologna) Gianni Rinaldini (Segretario CGIL Emilia-Romagna) e Giorgio Gardiol in un dibattito a Bologna nel 1999 Claudio Mazzacurati (Verdi Bologna) Gianni Rinaldini (Segretario CGIL Emilia-Romagna) e Giorgio Gardiol in un dibattito a Bologna nel 1999[/caption]

Ho una foto che lo ritrae a Bologna a un dibattito organizzato dai Verdi con Gianni Rinaldini allora segretario regionale della CGIL (poi segretario nazionale FIOM).

Il mondo del lavoro che lui praticava e conosceva, essendo di area torinese, doveva diventare un tema fondamentale per la trasformazione ecologista.

Gardiol apparteneva anche alla tradizione delle autonomie delle valli alpine  nulla a che vedere col leghismo regressivo). Era amico di Tavo Burat, storico verde di Biella, mancato qualche anno fa, studioso di frà Dolcino.

Aveva poi un profondo retroterra culturale del mondo valdese, che si intuiva perchè mai lui lo esibiva, così come un legame con la cultura francese e rapporti con i Verdi della Francia.

Nonché una esperienza in organismi internazionali.

Ho avuto la fortuna di averlo per cinque anni come compagno di banco nell'aula della Camera, essendo lui sempre presente ai dibattiti e alle votazioni.

Insieme con Nando dalla Chiesa seduto anche lui vicino si parlava e discuteva di tutto ed è stato bello diventare amici.

Ma anche solidali nelle inevitabili battaglie interne ai Verdi, dove con Gianpaolo Silvestri eravamo “quelli di sinistra”. La sua ironia gli permetteva un certo distacco e nessun astio. In cinque anni l'ho visto arrabbiarsi una volta sola. Ma indubbiamente ha sofferto molto per le vicende dei Verdi dopo il 2001.

Se andate su internet e scrivete il suo nome vedrete un articolo sulle religioni in Italia scritto qualche settimana fa. Poi due video su you tube: uno sulla truffa del federalismo demaniale e uno sul rapporto tra ambiente e lavoro.

[caption id="attachment_1014" align="alignleft" width="300"]Giorgio Gardiol e Paolo Galletti al congresso dei Verdi del 1996 Giorgio Gardiol e Paolo Galletti al congresso dei Verdi del 1996[/caption]

Sul sito di radio radicale ci sono tutti i suoi numerosi interventi alla Camera ma anche ai consigli federali e a iniziative Verdi.

Negli ultimi anni seguiva i Verdi dall'esterno, ma era anche desideroso di conoscere tutti gli sviluppi della Federazione dei Verdi. Attivo nelle battaglie antinucleari e per l'acqua pubblica e su questioni locali e culturali.

Se mai qualcuno scriverà la storia dei Verdi italiani, Giorgio Gardiol dovrà essere ricordato adeguatamente.

Ora, anche solo riascoltare i suoi interventi, su internet, può aiutare davvero chi è impegnato nella difficile ma necessaria impresa di far crescere l'ecologismo politico anche in Italia.

Giorgio continuerà ad aiutarci da un'altra dimensione.

Paolo Galletti

3 commenti:

  1. Ecco il ricordo di Nando Dalla Chiesa sul suo blog:
    Gli amici sono un patrimonio prezioso. E anche i bravi parlamentari che onorano il paese. Per questo voglio ricordare prima di tutto Giorgio Gardiol, amico colto, sensibile e cristallino, conosciuto nella mia seconda legislatura da deputato, 1996-2001. Abbiamo condiviso la stanza a Palazzo Marini per cinque anni, aiutati tutti e due da Scilla, consigliera e a sua volta amica preziosa. Giorgio era un verde appassionato ai temi ambientalisti ma si impegnò anche allo spasimo (ovvero facendo le notti) sui diritti dei lavoratori e sulla pace. Ieri, quando ho saputo che non c’era più, ho tirato fuori il cofanetto di musica country che mi aveva regalato e ho cercato di ricordarlo meglio. Non stava bene al cuore. Un male che lo aveva preso -capita anche questo, sapete?- dopo la non ricandidatura. Il suo essere taciturno, la sua modestia, il rifiuto di “arrampicarsi”, la sobria e rigorosa piemontesità protestante, insomma, non piacevano a Pecoraro Scanio. Così, nonostante il lavoro fatto, venne estromesso cinicamente dopo una sola legislatura. Tornato a Pinerolo, continuò a dedicarsi all’ambientalismo con un giornale locale, da lui diretto. Lo saluto con chi seppe apprezzarlo e volergli bene, a partire da Paolo Galletti.

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  2. Ecco la prima parte di un recente scritto di Gardiol:
    Giorgio Gardiol: sintesi rielaborata dell’intervento


    Ecologia Politica. All’ordine del giorno della politica mondiale c’è l’idea che «bisogna salvare il pianeta». La contraddizione principale della nostra civiltà sta nella crisi del paradigma dello sviluppo. Il paradigma dello sviluppo delle forze produttive è stato l’ossessione della sinistra. È stata una lunga ricerca (un secolo e mezzo) di un compromesso (welfare) con la borghesia, che ha consentito l’innovazione tecnologica e il miglioramento delle condizioni di vita degli strati subalterni della società. È la stata conquista una grande per una parte dell’umanità (1 miliardo) però a spese dei rimanenti 5,5 miliardi!

    Qui, in “occidente”, la sinistra ha vissuto la stagione del “primato” delle forze produttive come motore del progresso sociale. Oggi molti sono consapevoli che l’idea che esista coincidenza tra sviluppo e “progresso” è fallita. Dobbiamo perciò pensare ad un altra forma di organizzazione della società, del rapporto tra produzione e consumo. Da alcuni decenni si è aperto un grande campo di lavoro culturale e politico: l’“ecologia politica”. Come si possono fare azioni politiche nel campo dell’educazione, della scienza, della vita, dell’economia se non mettiamo in discussione gli indicatori generali dello sviluppo (Pil, ecc) e quindi i modelli di vita?

    Oggi l’ecologi ci dice che stiamo vivendo una “distretta” al termine della quale si trova solo la catastrofe. Non credo però che la preoccupazione di un esito catastrofico della nostra vita sul pianeta possa indurre da sola un mutamento di rotta. La società ricca difende il suo benessere sopprimendo i popoli poveri. La catastrofe ha un sapore classista.

    La guerra, la clonazione e i cibi transgenici sono la metafora della nostra attuale civiltà. Ciò è inaccettabile. Dobbiamo pensare a un’alternativa radicale: una nuova cultura basata su una approfondita critica dello “sviluppo” e delle relazioni sociali ad esso collegate. Occorre lavorare per creare un nuovo “senso comune”, un nuovo “immaginario sociale”.

    L’ecologia politica, nelle sue forme di ecologia ambientale, ecologia sociale e ecologia mentale, assunte congiuntamente, è lo strumento che da significato alla nostra ricerca dell’«altro», della nuova civiltà “possibile”.

    Nell’attuale società capitalistica si scontrano due modi di “abitare la terra”. Ci sono gli “abitatori del tempo”, cioè coloro che vivono “qui e ora”. dove è possibile celebrare la “libertà” senza vincoli, responsabilità e senza pesi. L’importante è trarre il massimo profitto possibile. Poi ci sono gli “abitatori dello spazio”, cioè coloro che sono legati ai luoghi, al territorio visto come memoria della attività umana del pianeta. Nella prima (il liberismo) c’è solo la passione per il potere assoluto, per lo scioglimento da ogni vincolo di dipendenza, nel secondo (l’ecologia) c’è al contrario la passione, per il “legame”, per la “generazione”, per il “rapporto” tra uomo e donna, per la “relazione” tra l’uomo, le cose e la natura.

    Nella relazione tra “tempo” e “spazio” si concentra l’azione dell’ecologia politica: una azione che va ben oltre il conflitto di classe e i problemi dell’economia. Il mio percorso politico nell’interpretazione della storia attraversa il paradigma classista, del conflitto tra capitale e lavoro, per giungere al paradigma della complessità.

    Il conflitto principale è tra modernizzazione capitalista e il necessario cambiamento epocale messo in evidenza dalla contraddizione ecologica. Tra i due sono quasi impossibili i compromessi politici.

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  3. Renzo Sicco - Assemblea Teatro

    Oggi la notizia della morte di Giorgio Gardiol. Gli dobbiamo molto. Innanzitutto l’attenzione e poi quel suo sorriso garbato sempre ricco di intelligenza.

    Fu tra i primi ad apprezzare il nostro spettacolo “Più di mille giovedì” e lo volle nell’aula del Parlamento, quale omaggio alla presenza in Italia di Estela Carlotto. Presidente della Camera era allora Luciano Violante, altro piemontese, e non gli fu difficile organizzare la strana iniziativa. Era infatti la prima volta che uno spettacolo teatrale entrava in Parlamento.

    La Carlotto venne in Italia per il processo contro i generali argentini responsabili della scomparsa di 7 italiani tra cui sua figlia. I Valdesi, è bene ricordarlo, furono attivamente solidali offrendo attenzione ed ospitalità ai testimoni.

    Per noi conoscere Estela fu una grande emozione ma soprattutto un’accelerazione portentosa del nostro lavoro. Lo spettacolo aveva debuttato il 1 luglio e a fine ottobre 2000 era già in Argentina su di un palcoscenico a Buenos Aires.

    Infatti la Carlotto capì immediatamente lo straordinario potenziale comunicativo del nostro lavoro. Ecco una storia breve ma significativa per tutti quelli che oggi non capiscono cosa sia la Politica e affermano che tra i politici non c’è differenza. Gardiol era un uomo attento, capace di osservare e conoscere il territorio e votato a sostenerlo e valorizzarlo.

    Da semplice spettatore capì il potenziale di una sintesi teatrale in grado di unire due continenti, l’Europa e l’America del Sud. Continenti uniti da flussi di emigrazioni che anche dalle valli valdesi negli anni avevano avuto corso.Fu artefice di un collegamento che ha favorito il percorso importante del nostro lavoro che ha offerto una voce ulteriore a quella delle Madri per difendere verità e giustizia.

    Il successo della lotta delle Madri, il successo che “Più di mille giovedì” continua ad avere nel mondo gli avranno sicuramente regalato quella gioia che la politica poche volte in questi anni ha saputo donare. Noi gli siamo riconoscenti e tutte le nostre rappresentazioni di “Più di mille giovedì” di questo 2014 porteranno la sorridente dicitura “in ricordo di Giorgio Gardiol”.

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