martedì 19 febbraio 2019

Autonomia regionale differenziata: i perché di un no

La proposta di autonomia regionale differenziata avanzata dalla Regione Emilia-Romagna, votata in Consiglio Regionale da PD, Sinistra Italiana, MDP e con il voto di astensione di Lega, M5S, FI, FdI, Mns, Altra ER, vede al contrario il NO convinto dei Verdi.

La Regione chiede la gestione diretta e con risorse certe di 15 competenze in aree strategiche: politiche per il lavoro, internazionalizzazione delle imprese, ricerca e innovazione, istruzione, sanità, tutela dell'ambiente ed ecosistema, relazioni internazionale e rapporti con la UE, agricoltura, acquacoltura, protezione della fauna e attività venatorie, cultura e spettacolo, sport. Materie, quelle di evidente interesse nazionale ed europeo, non riconducibili a competenze esclusive regionali.

Si potrebbe osservare che se aggiungessimo difesa, moneta, fisco e scuola avremmo l'ennesimo staterello. Già con le norme attuali e con la Conferenza Stato-Regioni, la Regione può contribuire in modo significativo a orientare queste politiche, ma in un quadro di Solidarietà ed equità a livello nazionale e auspicabilmente a livello europeo.

Inseguire le Regioni Veneto e Lombardia a guida leghista in queste rivendicazioni di autonomia innesca un processo pericoloso di divisione tra territori e risveglia particolarismi deleteri. Già il Sindaco di Napoli risponde con rivendicazioni autonomiste. Inseguire la Lega sul suo terreno poi prefigura un rischio di ulteriore perdita di consenso verso chi da sempre sostiene queste tesi sbagliate. Aver inseguito i grillini sui loro temi anti casta ha prodotto i risultati che vediamo. Ma evidentemente Bonaccini non ha capito la lezione.

Si regala alla Lega un'egemonia culturale sul tema. Siamo ben lontani da una visione di un federalismo solidale e sostenibile che non si può confondere con il secessionismo di aree più ricche verso il resto del Paese.

Paolo Galletti
Co-portavoce Federazione Verdi Emilia-Romagna

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