sabato 26 luglio 2014

Stop Arming Israel

stop-arming-israel-1Dal lancio dell’operazione “Protective Edge” (“confine protettivo”) il mattino dell’8 luglio, Israele ha ucciso più di 700 palestinesi nella Striscia di Gaza, l’80% dei quali (stime ONU) civili che non partecipavano direttamente alle ostilità né avevano alcun legame con Hamas o con gli altri gruppi armati palestinesi; fra essi oltre 150 bambine e bambini (come Faris, di soli cinque mesi, ucciso a Rafah a poche ore dall’inizio dell’invasione), una trentina di donne, un giornalista; quasi 5.200 persone sono rimaste ferite, molte in modo grave. E questi numeri non sono aggiornati!

Tra bombardamenti a tappeto e offensiva di terra, gli attacchi a Gaza sono ormai oltre un migliaio, con quasi 1.000 tonnellate di materiale esplosivo sparato. Gaza è senza luce e senz’acqua; sono state completamente distrutte o sono diventate inagibili più di 500 case e sono state danneggiate almeno cinque strutture sanitarie (come l’ospedale di Wafa, a Shijaya) e tre ambulanze (di cui una della Croce Rossa Internazionale).

Di contro, in Israele, almeno 20 persone sono state ferite e numerosi edifici sono stati danneggiati dai continui lanci di razzi bomba provenienti dalla Striscia di Gaza, razzi che sono serviti a Israele come "giustificazione".

Dopo il sequestro e l’uccisione dei tre giovani coloni israeliani, il governo israeliano non ha ricercato i responsabili, ma ha colpito collettivamente una popolazione intera e un territorio già sotto occupazione da 48 anni. In qualsiasi Stato civile rapimenti e sparizioni sono casi di polizia investigativa e non il pretesto per scatenare una rappresaglia indiscriminata.

Il fatto che Hamas dimostri, in più occasioni, disprezzo per la vita degli stessi palestinesi, con azioni che, anche in questi giorni, hanno suscitato riprovazione da parte di molte voci anche nel mondo islamico, non può costituire una giustificazione per il comportamento di Israele. Secondo il diritto umanitario internazionale (Regole dell’Aia, n.46; IV Convenzione di Ginevra, art.53), le parti di un conflitto armato debbono distinguere tra obiettivi militari e obiettivi civili e dirigere attacchi deliberati solo ai primi; gli attacchi indiscriminati e sproporzionati sono vietati. Durante gli attacchi, le parti debbono prendere tutte le precauzioni necessarie per proteggere la popolazione civile, minimizzando i danni ad essa e agli obiettivi civili.

Non dimentichiamo, inoltre, che questa nuova massiccia punizione collettiva imposta alla popolazione di Gaza è solo l’ultima di una infinita serie di violazioni, da parte delle autorità israeliane, del diritto internazionale in materia di diritti umani e del diritto umanitario internazionale:
– una pulizia etnica condotta sistematicamente da oltre 60 anni;
– la negazione del diritto all’autodeterminazione (sancito dal diritto internazionale consuetudinario, dalla Carta delle Nazioni Unite e dal Patto internazionale per i diritti civili e politici);
– i quasi 1.500 morti dell’operazione “Piombo fuso” (“Cast Lead”, 2008-2009);
– arresti e detenzioni arbitrari. In carcere, in condizioni disumane, sono presenti oltre 10.000 palestinesi;
– torture, maltrattamenti, uccisioni extragiudiziarie;
– la distruzione e l’esproprio, non giustificati da alcuna necessità militare, delle case e delle proprietà palestinesi (e l’abbattimento d’alberi anche secolari);
– la privazione dell’acqua e dei mezzi di sussistenza;
– l’aumento degli insediamenti nella West Bank;
– le aggressioni perpetrate in totale impunità da coloni ed estremisti israeliani;
– il blocco illegale che dal 2007 pone continue limitazioni alla libera circolazione delle persone;
– il muro dell’apartheid che ha fatto di Gaza una sorta di “carcere all’aria aperta”.

La comunità internazionale non solo assiste in silenzio (complice il vergognoso servilismo della maggioranza dei media), ma collabora attivamente al massacro: molti paesi forniscono armi e assistenza a Israele, rendendosi così complici della criminale attività bellica nei confronti di Gaza. L’Unione Europea continua a mantenere rapporti “avanzati” di cooperazione col governo israeliano e l’Italia è di nuovo in prima fila, con la fornitura dei caccia addestratori avanzati M 346 “Master”.

Di fronte al degenerare della situazione, consapevoli che il militarismo e la violenza alimentano la violenza, e che non c’è pace senza giustizia né sicurezza senza diritti umani, i Verdi di Lugo, così come altre voci in Italia e nel mondo, ritengono sia necessario richiedere:

AL GOVERNO ISRAELIANO:
– la cessazione immediata dei raid su Gaza da parte delle forze israeliane e la fine del blocco;
– l'urgente attuazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite sullo smantellamento degli insediamenti e sul ritiro dai territori palestinesi occupati;
– il riconoscimento dello Stato palestinese, indipendente e sovrano, entro i confini del 1967, con capitale Gerusalemme est, e col diritto al rimpatrio (Risoluzione 194 delle Nazioni Unite);

ALL’ONU:
– un embargo immediato e totale sulle armi a Israele allo scopo di prevenire ulteriori gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani da parte delle fazioni in conflitto (v. qui sotto, l’appello del BDS Movement);
– un’inchiesta internazionale sulle violazioni commesse da tutte le parti coinvolte sia negli attacchi aerei israeliani in corso su tutta la Striscia di Gaza, sia nelle continue raffiche di lanci indiscriminati di razzi su Israele da parte di gruppi armati palestinesi;
– il riconoscimento dello Stato palestinese

A TUTTI I PAESI, in particolare ALL’UNIONE EUROPEA E AGLI STATI UNITI D’AMERICA:
– l’immediata sospensione, in attesa dell’embargo dell’ONU, di tutti i trasferimenti di equipaggiamenti militari, munizioni e assistenza tecnologico-strategica alle parti che non abbiano condotto indagini indipendenti e approfondite sulle violazioni commesse nei conflitti precedenti e non ne abbiano consegnato i responsabili alla giustizia;
– l’avvio urgente di processi di disarmo e smilitarizzazione, su scala mondiale e a lungo termine, e la ricerca di soluzioni politiche autenticamente pacifiche.

Vi invitiamo a compiere un gesto concreto, aderendo a questo appello:

BDS Movement / Movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni
23 luglio 2014 - “STOP ARMING ISRAEL”
APPELLO PER L'EMBARGO MILITARE NEI CONFRONTI DI ISRAELE
www.bdsmovement.net/stoparmingisrael
(nel modulo sulla destra inserire nome, email e paese)

Israele ha ancora una volta scatenato tutta la sua forza militare contro il popolo palestinese, particolarmente nella Striscia di Gaza assediata, in un atto di aggressione militare, inumano e illegale.
La capacità israeliana di lanciare attacchi così devastanti con impunità deriva ampiamente dalla vasta cooperazione militare internazionale e dal commercio di armi che realizza con la complicità di molti governi del mondo.
I premi Nobel, l'Arcivescovo Desmond Tutu, Adolfo Peres Esquivel, Jody Williams, Mairead Maguire, Rigoberta Menchú e Betty Williams hanno una scritto una lettera aperta chiedendo alle Nazioni Unite e ai governi del mondo di imporre un embargo militare contro Israele.
Altri firmatari: Noam Chomsky, Roger Waters dei Pink Floyd, il drammaturgo Caryl Churchill, il rapper USA Boots Riley, João Antonio Felicio, il presidente della Confederazione internazionale dei Sindacati, e Zwelinzima Vavi, il segretario generale della Confederazione dei Sindacati sudafricani.
Importando ed esportando armi, da e verso Israele, e facilitando lo sviluppo della tecnologia militare israeliana, i governi stanno di fatto mandando un chiaro messaggio di approvazione dell'aggressione militare israeliana, inclusi i suoi crimini di guerra e contro l'umanità.
AGISCI SUBITO – firma l'appello per l'embargo militare di Israele. L'appello sarà presentato al Alto Commissario per i Diritti Umani quando a settembre assumerà l'incarico.
Nella foto di questo post: un ragazzo sta in mezzo alle rovine della casa della famiglia Al Dalu, Gaza City, 3 dicembre 2012. Dieci membri della famiglia Al Dalu sono stati uccisi, insieme a due vicini, da un attacco aereo contro la loro casa di 3 piani il 18 novembre. Active Stills/Ryan Rodrick Beiler
[traduzione a cura di ISM-Italia - www.ism-italia.org - info@ism-italia.org]

Ecco un'altra presa di posizione che si sentiamo di diffondere.

Una presa di posizione importante:

PreCOP Social de Cambio Climático [v. nostra nota in fondo]
Riunione preparatoria - 15-18 luglio 2014, Isla de Margarita, Venezuela
www.precopsocial.org/reunion-preparatoria/documentos-emitidos - 17 luglio 2014 - “GAZA SOTTO ATTACCO”
[traduzione dal testo originale in lingua spagnola]

Da 10 giorni l’esercito israeliano continua ad intensificare i bombardamenti sul territorio palestinese della Striscia di Gaza, causando la morte di centinaia di civili palestinesi, anche bambine e bambini; ora l’esercito israeliano ha lanciato un’offensiva terrestre che senza dubbio porterà a un’ulteriore perdita di vite palestinesi.
Noi – movimenti sociali, organizzazioni per la giustizia in materia di mutamento climatico, organizzazioni popolari e non governative, giovani, donne e gruppi indigeni, che, in rappresentanza di milioni di cittadine e cittadini d’ogni colore, convinzione, nazionalità e fede religiosa e di coloro che non ne seguono nessuna, proveniendo dall’America Latina, dall’Asia, l’Africa, l’Europa e il Nord America e dal Medioriente, ci troviamo riuniti in Venezuela all’incontro della PreCOP Sociale della società civile mondiale sulla crisi climatica [v. nota alla fine del comunicato] – siamo uniti nella condanna di tali atroci aggressioni agli uomini, alle donne, ai bambini e alle bambine di Gaza che vivono sotto assedio.
Esortiamo la comunità internazionale a far pressione per la cessazione immediata di quest’ondata di violenza mortale e del blocco israeliano nella Striscia di Gaza. Esortiamo i nostri concittadini e concittadine, nonché le organizzazioni popolari, a unire la propria voce a quella degli innumerevoli milioni di persone che già stanno protestando nelle strade d’ogni capitale, mosse dall’orrore dinanzi a questo attacco da parte dello Stato israeliano.
Oggi lo Stato israeliano ha avviato l’offensiva terrestre contro Gaza, colpendo la popolazione di Gaza, dal 2007 sottoposta a un blocco illegale e disumano, con nuovi bombardamenti, devastazione e morte, come quella d’un bimbo di cinque mesi ucciso a Rafah a poche ore dall’inizio dell’invasione.
Noi deploriamo tutte le vittime civili e consideriamo lo Stato d’Israele responsabile, secondo il diritto internazionale, in quanto forza d’occupazione.
Nessuno può dimenticare i massacri perpetrati dall’esercito israeliano nel 2008-2009 durante l’operazione “Cast Lead” (piombo fuso), che hanno causato la morte di quasi 1.500 palestinesi. Allora il governo israeliano accampò gli stessi pretesti di oggi per giustificare l’attacco assassino.
Il governo israeliano di Benjamin Netanyahu ha fatto di tutto per distruggere la legittima aspirazione del popolo palestinese a uno Stato palestinese indipendente e alla fine di decenni di occupazione israeliana.
Qualsiasi speranza di pace è legata a filo doppio a un’azione della comunità internazionale che miri alla fine dell’impunità di cui gode Israele e a una campagna mondiale di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni, finché Israele non avrà ottemperato alle risoluzioni delle Nazioni Unite in materia.
Come ha detto l’arcivescovo Desmond Tutu, il leader della battaglia anti-apartheid:
«In Sudafrica non avremmo potuto raggiungere la democrazia senza l’aiuto dei popoli di tutto il mondo, i quali, col ricorso a metodi nonviolenti come il boicottaggio e il disinvestimento, hanno incoraggiato i propri governi e gli attori economici a rovesciare il pluridecennale sostegno al regime dell’apartheid. Oggi, i medesimi problemi di discriminazione e ingiustizia giustificano il movimento per il disinvestimento che mira a por fine alla pluridecennale occupazione israeliana dei territori palestinesi e al trattamento iniquo e pregiudiziale riservato al popolo palestinese dal governo israeliano».
Noi, qui riuniti in quest’incontro della società civile mondiale, siamo impegnati in un’azione comune per fermare la crisi del clima – e abbiamo fede in un mondo equo, sostenibile e giusto. Parte integrante della nostra fede che “un altro mondo è possibile” è la nostra consapevolezza che non saremo libere e liberi finché non sarà libera la Palestina.
Basta con gli attacchi a Gaza!

Firmato:
Friends of the Earth International / Amigos de la Tierra Internacional [Movimento internazionale “Amici della Terra”]
Articulación continental de movimientos sociales hacia el ALBA – ALBA Movimientos [Articolazione continentale dei movimenti sociali per l’ALBA (Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América [Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America]) - www.albamovimientos.org]
REDES – Amigos de la Tierra Uruguay [Amici della Terra Uruguay - l’acronimo significa “reti”]
International Climate Justice Alliance [Alleanza …]
Grupo Excursionista Ecológico Ambientalista “Yaracuy”
“Earth in Brackets”
Jubileo Sur – Movimiento Asia-Pacífico contra la Deuda y por el Desarrollo
Jubileo Sur – Américas
Amigos de la Tierra América Latina y Caribe
Marcha Mundial de las Mujeres
Nora Morales de Cortiñas, Madre de Plaza de Mayo Línea Fundadora
Centro “Martin Luther King” de Cuba
Movimiento de Los Trabajadores Rurales Sin Tierra
Third World Network
Institute of Policy Studies, Climate Policy Programme
IBON International
LDC Watch
Diálogo 2000 – Jubileo Sur – Argentina
Colectivo Viento Sur de Chile
Movimiento de los Pequeños Agricultores (MPA), Brazil
Justicia Ambiental, Mozambique
Earthlanka, Sri Lanka
Global Justice Ecology Project
Grassroots Global Justice Alliance, United States
Institute for Social and Economic Studies, Brazil
Red Latinoamericana contra Represas (REDLAR)
LDC Watch – Africa
Jubilee South – Africa
Forum for African Alternatives – Senegal
Movimiento Madre Tierra – Amigos de la Tierra Honduras
COECOCEIBA – Amigos de la Tierra Costa Rica
Amigos de la Tierra Brasil
CENSAT Agua Viva – Amigos de la Tierra Colombia
Otros Mundos – Amigos de la Tierra México
Sobrevivencia – Amigos de la Tierra Paraguay
CONEAVE Mérida, Venezuela
Philippines Movement for Climate Justice
Movimiento colombiano “Ríos vivos”, Colombia
Indigenous Environmental Network
Young Friends of the Earth Macedonia
International Climate Justice Youth Alliance
Movimiento Ciudadano frente al Cambio Climático (MOCICC), Perú
CENSAT Agua Viva – Amigos de la Tierra Colombia
Iniciativa “Construyendo Puentes”
Redes Latinoamericanas frente al Cambio Climático

NOTA: «La PreCOP Social de Cambio Climático (Preconferenza sociale in vista della COP20, la XX Conferenza delle parti [Conference of Parties]) è la prima Consulta Pubblica Mondiale che si proponga di creare un tavolo comune fra Governi e Movimenti/Organizzazioni sociali di tutto il pianeta, con l’obiettivo di stabilire le basi di un’alleanza fra Popoli e Governi per far fronte alla minaccia concreta che il mutamento climatico rappresenta per l’intera umanità.
A partire dalla credibilità e dalla leadership guadagnati a livello internazionale sotto la guida del Comandante Hugo Chávez, la Repubblica Bolivariana del Venezuela ha aperto lo spazio della PreCOP Social de Cambio Climático allo scopo di consentire alle organizzazioni popolari di tutto il mondo di influire sul programma dell’ONU in un momento storico cruciale: la possibilità di superare il predatorio sistema di sviluppo capitalistico atraverso la concertazione politica, e di salvare così il pianeta.
Tre riunioni politiche d’alto livello convocate per quest’anno fanno del 2014 un anno cruciale per i negoziati sul clima:
– la prima [vertice presidenziale] avrà luogo il 23 settembre presso la sede ONU di New York (Stati Uniti), su convocazione del Segretario generale dell’ONU Ban Ki-Moon, nell’ambito della 69a Assemblea Generale delle Nazioni Unite;
– poi, dal 4 al 7 novembre, il Venezuela ospiterà la PreCOP Social de Cambio Climático [sempre sull’isola di Margarita];
– infine, la XX Conferenza delle parti (COP20), che si terrà a Lima (Perù).
[Oltre a questi incontri, ha già avuto luogo (15-18 luglio, Isla de Margarita, Venezuela) la riunione preparatoria della PreCOP Social che ha emesso la Dichiarazione di Margarita e il comunicato sopra riportato, entrambi scaricabili qui: http://www.precopsocial.org/reunion-preparatoria/documentos-emitidos]
Il Venezuela ha concretizzato il proprio ruolo di protagonista in ambito internazionale partecipando alla leadership politica del nuovo accordo giuridico sul mutamento climatico, e in questa sfida mondiale è in prima linea con una prospettiva rivoluzionaria, opponendo il Socialismo del XXI secolo e il “Buen Vivir” al “Capitalismo Verde” e allo “Sviluppo a basso uso di carbonio”.
[...] Per il 4-5 novembre è prevista la riunione delle ONG e dei Movimenti sociali nazionali e internazionali che stabiliranno la posizione sul mutamento climatico ed elaboreranno un documento di proposte da presentarsi al dibattito il 6 novembre, in una tavola rotonda coi Ministri responsabili del tema del mutamento climatico di 40 paesi del mondo»
[presentazione ufficiale (traduzione nostra dall’originale spagnolo) da: www.precopsocial.org]

 

1 commento:

  1. Due popoli,due stati. Solo su questa base si può trovare una strada per la pace in Palestina.
    Israele deve cambiare radicalmente la sua politica verso i palestinesi.
    Hamas ,che controlla la striscia di Gaza deve riconoscere Israele e non avere come obiettivo la sua distruzione. Per non parlare dei gruppi islamisti ,alimentati dai paesi arabi e del golfo che sostengono organizzazioni terroristiche.
    Basta con la demonizzazione dell'avversario.
    Imparare a convivere si può solo riconoscendo il diritto dell'altro a esistere.

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