mercoledì 20 novembre 2013

AUSL della Romagna: un NO con tante motivazioni

foto1Di seguito alcuni stralci dell'intervento della Verde Gabriella Meo durante il Consiglio Regionale dell'Emilia-Romagna di martedì 19 novembre.

L’ambito della riforma:

Con una riduzione del finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale di 30 miliardi e 706 milioni si corre il rischio evidente di ledere il diritto universale alla salute e alle cure, inficiando in tal modo la garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza. Appare scongiurato, per ora, l’ulteriore taglio, inizialmente previsto nella Legge di Stabilità.

Per affrontare concretamente gli effetti del razionamento economico-finanziario con l’istituzione dell’Ausl unica della Romagna si è impostata sostanzialmente un’operazione di tipo manageriale che cerca di perseguire l’obiettivo del riequilibrio con interventi sul piano organizzativo, regolamentare e gestionale, tentando di salvaguardare il principio fondante dei Piani Attuativi Locali, ossia la centralità della persona in quanto titolare del diritto di salute e partecipe alla definizione delle prestazioni, della organizzazione dei servizi della loro valutazione.

Cosa comporterà nella pratica:

In tale ottica di superamento della parcellizzazione diverrà inevitabile ridefinire il ruolo delle strutture ospedaliere e dell’assistenza primaria e ciò rappresenterà purtroppo il principale indicatore per misurare il successo della nuova Azienda Sanitaria della Romagna che, con più di 1.100.000 abitanti e con un valore della produzione di circa 2 miliardi e 200 milioni di euro, si qualificherà tra le più grandi del Paese.

Riteniamo questa una scelta a senso unico che costringerà ad organizzare la nuova azienda sanitaria della Romagna tenendo conto soltanto in minima parte delle caratteristiche dimensionali, geografiche, demografiche, istituzionali e socio-economiche dei singoli territori.

In questo quadro, anche esperienze comuni che hanno portato alla realizzazione di alcuni progetti importanti come il laboratorio di analisi unico di Pievesistina, l’officina trasfusionale, la centrale unica del 118 a Ravenna, l’Irst di Meldola rischiano di diventare cattedrali di eccellenza in un deserto di servizi.

Le conseguenze ineluttabili:

La certezza è che intanto si tagliano posti letto nel pubblico e non nel privato convenzionato (cioè pagato dal pubblico) incrementando la tendenza in atto a rivolgersi al privato. Il rischio è che anche l’Emilia-Romagna si allinei al un modello privatizzato (ma pagato coi soldi pubblici) della sanità sul modello della Lombardia.

La certezza è lo svuotamento progressivo di ospedali di medie dimensioni con reparti di eccellenza, costruiti nel tempo con ingenti risorse anche locali. Infatti, mentre è auspicabile una messa in rete dei servizi e delle specialità, risulta insostenibile una centralizzazione inevitabilmente tecnocratica e sempre più lontana dalle necessità dei territori.

Cosa sarebbe auspicabile:

Sarebbe invece necessario non limitarsi a difendere l’esistente in termini di servizi, ma in virtù di un possibile migliore utilizzo delle risorse economiche, introdurre prestazioni che oggi non sono presenti in Romagna.

Le decisioni devono essere assunte garantendo la partecipazione di tutte le comunità locali ed è necessario garantire che le determinazioni fondamentali vengano assunte con maggioranze decisamente qualificate, considerando la rappresentatività di ogni Comune in ragione dei cittadini residenti. Tutto il processo costitutivo e poi di organizzazione dell’assetto della nuova azienda va realizzato con il più ampio coinvolgimento delle rappresentanze della società civile, in quanto rappresentative dei lavoratori, degli utenti e degli stessi operatori dei servizi.

Servirebbe invece un potenziamentodei distretti sanitari:

Va in ogni modo potenziato il ruolo dei distretti socio sanitari. Essi sono l’ambito territoriale nel quale vanno erogati i servizi di assistenza sanitaria primaria, integrati con i servizi sociali. I distretti sanitari rappresentano l’ambito principale di programmazione dei servizi socio-sanitari e di gestione dell’offerta. Pertanto chiediamo che i distretti siano dotati per queste materie di autonomia programmatoria, tecnico-economico gestionale, per garantire l’intera gamma dei servizi, in base alla quale articolare, in piena sinergia, quelli erogati dalla rete ospedaliera e dall’assistenza primaria.

La futura riorganizzazione della rete assistenziale e della rete ospedaliera dovrà avvenire in modo graduale e con attenzione, su basi rigorose di riferimento e implementando, sul territorio in prossimità ai cittadini, tutti quei servizi alternativi al ricovero ospedaliero che oggi non sono sempre offerti in maniera soddisfacente. Nuclei di cure primarie, case della salute, assistenza domiciliare integrata sociale e sanitaria devono garantire alla popolazione un’equa distribuzione ed accessibilità di strutture e servizi qualitativamente adeguati su tutto il territorio.

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