lunedì 13 febbraio 2017
L'importante è costruire...
In questi giorni chi percorre la trafficata via X Aprile attraversando il territorio comunale cotignolese può notare l’ennesima “urbanizzazione”.
Si tratta ufficialmente di:” …iniziativa privata per l'utilizzazione di un terreno a destinazione produttiva, tecnico distributiva..” come da deliberazione n. 6 del 28/01/2016 della giunta comunale.
In realtà quel che si va concretizzando non è una eccezione e ben poco stupisce o tange i frettolosi pendolari motorizzati transitanti in loco, ma colpisce e sconcerta chi è sensibile ed attento alle vicende che influenzano in profondità la qualità dell’esistenza collettiva locale e globale.
Quel che si ripropone qui è, per dirla con le parole del Prof. Tomaso Montanari, storico dell’arte e riconosciuto cultore delle straordinarie peculiarità italiane, “ …il frutto avvelenato di una politica vecchia e morta, miope, seppur praticata da giovani politici” inclini a presentare populisticamente la devastazione del paesaggio quale unico sviluppo economico praticabile.
In particolare quel che si sta perpetrando da troppo tempo in Romagna è lo sradicamento totale della sua vocazione agricola. Infatti con la infausta violenza di escavatori meccanici e betoniere sparisce sotto un funereo sudario in calcestruzzo ed asfalto il fertile suolo che ha assicurato negli ultimi 2500 anni l’approvvigionamento alimentare a decine di generazioni. Quello stesso suolo deve la sua unicità e prioritaria importanza all’ingegno umano applicato sul lungo periodo in opere di bonifica e regimazione delle acque che hanno prodotto terra viva. Rotazioni colturali, concimazioni organiche, impianti frutticoli come le “piantate” di origine preromana (arbustum gallicum), agricoltura unita al piccolo allevamento ne hanno stratigraficamente arricchito la vitalità e reso possibile il fiorire della redditizia frutticoltura romagnola e dell’orticoltura cotignolese.
Oggi nel disinteresse colpevole e generalizzato tutto questo viene violentato, desertificato, soppresso, tombato sotto il peso grave e monocromatico dell’immediato ed effimero interesse di pochi a spese di tutti coloro che vivono, respirano e si alimentano.
In Emilia-Romagna al 2012 il tasso di consumo di suolo è dell’ 8,6%, pari ad una superficie di 1.902 chilometri quadrati persi sul totale di territorio pianeggiante in regione di 10.573 chilometri quadrati.
Secondo l’Istituto superiore per la Protezione e la ricerca Ambientale (Ispra) in termini di percentuale di suolo consumato, dopo la Lombardia e il Veneto, l’Emilia Romagna, insieme a Lazio, Campania, Puglia e Sicilia è la regione con il valori più alti.
Già le scelte folli del ventennio e conseguente guerra mondiale-civile hanno atterrato le testimonianze storiche di Cotignola. Già il dopoguerra ha lasciato libero sfogo alle fameliche attenzioni di una industrializzazione inquinante e alloctona che ha azzerato le tradizionali produzioni orticole cotignolesi. Ora ci attende la sorpresa, cosa ci riserverà questo neo-insediamento, cosa sorgerà sulle ceneri dei violini?
Ormai è scomparsa anche quella saggezza popolare che animava i nostri nonni e bisnonni che avrebbero stigmatizzato proverbialmente un tale scempio autolesionista : “ bruciamo i violini per venderne la cenere”.
Quando si riterrà opportuno valutare i numeri che tali operazioni comportano? Quanti posti di lavoro vanno perduti e quanti acquistati? E quale la qualità e la durata nel tempo di tali impieghi? Quando le superfici rurali fertili verranno valutate per il loro insostituibile ruolo e il lavoro dei coltivatori sarà rivalutato e reso redditizio?
Perché non è possibile riutilizzare gli spazi già industrializzati ed abbandonati come la ex Sirea presente in quel di Barbiano? All’estero esistono leggi che impongono di riedificare in ambiti già urbanizzati e dismessi per salvaguardare paesaggio e salute.
E’ alquanto triste constatare l’arrendevolezza a questa barbarica “gestione” del territorio, nella culla della prestigiosissima e bellicosa dinastia degli Sforza che conquistò il Ducato della Milano rinascimentale.
L’antico nome di Cotoniola, che profumava di marmellata di cotogne di frutti procaci e dorati evoca oggi ben altro….il miasma soffocante ed impregnante di insediamenti industriali, la ridondante invadenza del doppio svincolo autostradale e la tonalità grigiastra e squallida di cemento, vetro, asfalto e metallo. Da oggi tra via dei Filari e via Pilastrino al posto della Pera di Romagna I.g.p. o delle Nettarine di Romagna, al posto delle viti maritate di Trebbiano e di Sangiovese, al posto di una casa colonica sparita come troppe altre, troverete ampi parcheggi e vasche di laminazione, capannoni e palazzine, metri di strade e marciapiedi e neanche un metro di ciclabile, e tutti perderemo un altro cospicuo lembo di suolo che con la sua biodiversità e la sua lunga storia caratterizzava la vera Romagna.
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