mercoledì 23 ottobre 2019

Plastica addio


Fare a meno della plastica: istruzioni per un mondo e una vita "zero waste"

Correva l'anno 1856 quando il chimico inglese Alexander Parkers inventò a Birmingham la parkesina, il primo materiale plastico semi-sintetico ottenuto da nitrocellulosa trattata con solventi. Parkes lo presentò come un materiale innovativo e dieci anni più tardi fondò l'azienda The Parkesine Company, tentando di commercializzarla, tuttavia la parkesina fu un fallimento a causa degli alti costi di produzione e dell'alta infiammabilità.
Daniel Spill, socio di Parkes, stabilizzò la parkesina giungendo alla produzione della xylonite nel 1869, da lui stesso brevettata. Nel 1877 fondò la British Xylonite Company ed ebbe più successo del suo ex socio, tanto che l'azienda, seppur cambiando nome, sopravvisse fino al 1999.
Dalla parkesina e dalla xylonite nacque nel 1870 la celluloide, a opera dei fratelli Hyatt. Derivata anch'essa dalla nitrocellulosa, fu inizialmente prodotta per sostituire le palle da biliardo, precedentemente realizzate esclusivamente col costoso avorio.
Tuttavia parkesina, xylonite e celluloide sono ancora materiali semi-sintetici.
E' "solo" nel 1907 che il belga Leo Baekeland inventa la bachelite, la prima plastica di origine completamente sintetica, ricavata dal fenolo e dalla formaldeide, che ebbe un enorme successo.
Quello fu solo l'inizio.
Esattamente un anno dopo, nel 1908, lo svizzero Jacques Edwin Branderberger inventò il cellophane, da subito utilizzatissimo come imballaggio, mentre nel 1912 il tedesco Fritz Klatte inventò il polivinilcloruro (PVC), prodotto che iniziò a imporsi sul mercato solo dal 1934, grazie all'azienda tedesca Basf.
Nel corso degli anni la plastica ha via via invaso praticamente tutti i mercati e sono stati prodotti innumerevoli polimeri con caratteristiche e proprietà diverse: polietilentereftalato (PET), polietilene ad alta e bassa densità (HDPE ed LDPE), polipropilene (PP), polistirolo (PS), polimetilmetacrilato (PMMA), policarbonato (PC), poliuretano (PUR), poliammide (PA o nylon), resine acriliche, fenoliche, melamminiche, epossidiche, acrilonitrile butadiene stirene (ABS), acido polilattico (PLA), politetrafluoroetilene (PTFE o teflon) e molti altri.
Oggi le plastiche vengono utilizzate per fare praticamente qualsiasi cosa: imballaggi di ogni tipo, posate, bicchieri, piatti, mobili, penne, computer, telefoni, radio, televisioni, parti di automobili e altri veicoli, indumenti e altri tipi di tessuti, reti da pesca, palle da calcio e altre attrezzature sportive, giocattoli, ecc. Basta guardarsi attorno in casa, in ufficio, a scuola per notare un'infinità di oggetti in plastica. E la plastica la troviamo anche dove non ce l'aspetteremmo mai, ad esempio persino la maggior parte delle bustine di te contengono una percentuale di plastica insieme alla carta!
Questo perché la plastica è semplicemente un materiale meraviglioso: leggera, economica, resistente, facile da lavorare, duratura e tante alte fantastiche caratteristiche.
Talmente meraviglioso che nel tempo abbiamo iniziato ad abusarne.
E ora stiamo iniziando a pagarne le conseguenze.
I nostri mari stanno iniziando a riempirsi di plastica e si sono create delle vere e proprie isole galleggianti fatte di rifiuti plastici, le cosiddette garbage patch. La più grande è la celebre Pacific Trash Vortex, nel nord del Pacifico, composta da più di 3 milioni di tonnellate di rifiuti e con un'estensione che va da 700.000 kmq a 10 milioni di kmq. Sempre nel Pacifico c'è poi la South Pacific Garbage Patch al largo del Cile e del Perù, grande 8 volte l'Italia. Anche l'Atlantico non è libero dalla plastica, qui troviamo la North Atlantic Garbage Patch che vanta la più alta densità di rifiuti, 200.000 detriti per chilometro quadrato e la South Atlantic Garbage Patch, un po' più piccola delle altre. Altre gigantesche isole di plastica si trovano nell'Oceano Indiano e persino nell'Artico! Negli ultimi anni un'isola di rifiuti di plastica ha iniziato a formarsi ciclicamente anche nel Mar Mediterraneo, fra l'Isola d'Elba e la Corsica.
E la plastica sarà pure duratura, ma anche lei si disgrega, seppur lentamente e facendolo tutte quelle tonnellate di rifiuti abbandonati nell'ambiente stanno rilasciando praticamente ovunque sul pianeta le malefiche microplastiche che ormai sono entrate anche nel nostro ciclo alimentare, con danni per la salute pazzeschi.
Insomma, il materiale perfetto si è trasformato in una delle più gravi minacce per il nostro pianeta.
Per anni abbiamo pensato che la soluzione fosse il riciclo e, in effetti, il riciclo si è rivelato vincente con la maggior parte dei rifiuti, ma non con la plastica. I tipi di plastica che finiscono nei rifiuti sono troppi e troppo variegati. Alcuni sono difficili da riciclare, altri sono accoppiati con materiali diversi e altri ancora non si riciclano proprio. Secondo un rapporto dell'OCSE, soltanto il 15% dei rifiuti in plastica viene riciclato, il 25% viene bruciato nei termovalorizzatori (o inceneritori) e il restante 60% va in discarica, viene bruciato all'aperto o va disperso nell'ambiente. In Europa siamo un po' più bravi e col riciclo della plastica arriviamo al 31%, però circa un terzo avviene in paesi extra UE, soprattutto in Cina.
Insomma, l'unico modo per vincere questa sfida è smettere di usare la plastica.
Elisa Nicoli e Chiara Spadaro hanno provato a spiegarci come fare.
Dopo una prima interessantissima parte del libro in cui la plastica è stata descritta in tutti i suoi dettagli, da come viene prodotta, a dove va a finire, compresi tutti i danni che comporta, nella seconda parte hanno provato a spiegarci come fare a sostituire con altri materiali tutto ciò che nella nostra vita è di plastica, dimostrando che l'impresa, anche se dura, è possibile.
Plastica addio, edizione Altreconomia, è un manuale da leggere e rileggere.
Una guida da utilizzare quotidianamente per riuscire a eliminare la plastica dalla nostra vita.

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